mercoledì 29 gennaio 2014

Mestieri antichi

Vicino Kara, in Togo, siamo andati alla ricerca del villaggio di fabbri e vasai indicato nella guida (tascabile). Per fortuna avevamo una guida-persona, altrimenti non l'avremmo mai trovato!
Fuori delle città, il francese, che è la lingua ufficiale del Togo, non lo parla nessuno! A volte con gesti e suoni qualcuno riesce a darci indicazioni, giusto di cui proseguire nella direzione giusta, ma solo se abbiamo pronunciato bene il nome della località e se è a portata delle loro gambe...
Comunque, anche la guida ha dovuto chiedere indicazioni più volte... ed ecco finalmente il villaggio: qualche capanna sparsa, nugoli di bambini che corrono ad incontrarci o scappano spaventati dalla macchina, galline e caprette che invece non si spaventano affatto e devi lasciar attraversare con calma. 


La casa del fabbro si individua da lontano, da una serie di suoni ritmici alternati, che seguiamo fino a ritrovarci in una capanna che contiene un fuoco, 3 persone che lavorano e una panchetta per gli ospiti! Vi lascio immaginare la temperatura, con 40° fuori...

 il ferro recuperato da chissà dove viene battuto

 la donna spinge alternativamente sui mantici per attizzare il carbone che ricopre il pezzo di ferro

  
 il fabbro rifinisce l'attacco della pala al manico

 la bimba non molla la presa, neanche mentre la mamma lavora

 Non vi racconto di più.... guardate e ascoltate il filmato!



Nel cortile c'è poi una donna che fabbrica vasi a ripetizione, è brava e veloce,



 Noi decidiamo che vasetto comprare

...e il bimbo invece osserva noi...non siamo molto divertenti sembra...
Ma non siamo i soli turisti al villaggio! Ecco tre ragazze che assaggiano la birra di miglio fatta in casa... Non era male, basta non pensare a tutti quelli che hanno bevuto in quelle ciotole prima di te!

Anche la bimba starà bevendo birra?!

sabato 18 gennaio 2014

Koutammakou, il paese dei Batammariba

Ad est di Kandé, verso il confine con il Benin, c'è una valle dimenticata dalla civilizzazione, dove vivono i Batammariba, un popolo indipendente rimasto isolato fino a pochissimo tempo fa, che vive in armonia con la natura seguendo le proprie leggi e tradizioni.

Koutammakou è stato iscritto al patrimonio mondiale dell'UNESCO nel 2004, al fine di salvaguardare l'identità architettonica e culturale di questa valle straordinaria.

All'inizio della valle, attraversata da un'unica strada, dobbiamo pagare una tassa d'ingresso che verrà poi ridistribuita tra tutti i villaggi, e ci raccomandano di non dare niente, né soldi, nè dolcetti, né altro ad adulti e bambini in modo da non creare tensioni tra i villaggi e problemi di scolarizzazione.

Ecco i primi bambini che ci accolgono, ci osserviamo con curiosità reciproca...

I Batammariba provengono da nord-ovest, e pare si siano rifugiati in questa valle protetta dalla catena montuosa dell’Atacora per sfuggire alla dominazione dei regni che cercavano di imporsi tra il 16° e il 18° secolo. Inizialmente sembra che vivessero sopra e all'interno dei baobab, che in effetti qui arrivano a dimensioni straordinarie.

Poi cominciarono a costruire delle case, che sembrano delle fortezze, e rispecchiano in modo incredibile la forma del tronco di baobab.

La costruzione di una tata segue delle regole in cui niente è lasciato al caso, solo la grandezza della casa e la decorazione sono variabili. Si comincia con costruire le torrette a pianta circolare, poi i muri che le collegano tra loro, in seguito la terrazza nella quale vengono inseriti i tubi di scolo in coccio fabbricati dalle donne (è l’unico contributo della sposa alla casa che il marito prepara per la nuova coppia). Poi sulla terrazza vengono realizzati i granai e le stanze da letto.

La tata ha un solo ingresso per meglio difenderla da eventuali nemici, che è rivolto ad ovest per proteggerla dalle piogge dominanti e dall’harmattan, il vento che soffia da novembre a febbraio e porta la sabbia del deserto. Sul retro ci sono gli ingressi del pollaio, ma gli animali vivono anche dentro casa, in particolare galline e faraone hanno una nicchia proprio sotto il piano della cucina…

La costruzione avviene durante la stagione secca e naturalmente i materiali utilizzati sono tutti a portata di mano: terra cruda mescolata alla paglia per i muri e mescolata alla sabbia per la terrazza, il legno di karité tagliato nella foresta per la struttura portante del tetto, la paglia come copertura per le stanze e i granai.

Come finitura delle pareti viene applicato uno strato di terra impastata con sterco di mucca, e successivamente all’esterno una spruzzata di decotto di scorza di néré dal caratteristico colore rosso, che viene messo soprattutto prima della stagione delle piogge, e sarà forse impermeabilizzante.

La vita a Koutammakou si svolge principalmente all’aperto, sulle terrazze delle case dove donne e bambini si lavano, mangiano, dormono, o sotto tettoie al centro del villaggio, composto da poche tata, dove si chiacchiera e ci si riposa.

L’interno della casa è buio ma ben fresco rispetto ai 40° che ci sono fuori. Teschi e corni degli animali uccisi vengono conservati a protezione della casa.

Queste sono le “stanze da letto” di donne e bambini in terrazza (l’uomo dorme dentro casa).

In cima alle torrette si fanno seccare il miglio e altri cibi per poi conservarli nei granai.

La nostra guida dentro al granaio al quale si accede con una scala a forcella in legno di karité.
Ci sono 3 granai per ogni tata, quello della famiglia, quello dell’uomo e quello della donna.

Davanti alle porte delle case ci sono dei feticci, che accolgono gli spiriti degli animali uccisi, e all’interno invece ci sono i feticci con gli spiriti degli antenati. I Batammariba sono animisti e osservano il culto degli antenati.

Questo topino sul tetto della casa è lì per cacciare il male: in questa casa c’è un malato.

Andiamo a vedere il baobab sacro del villaggio, dove i maschi devono passare la notte durante la cerimonia di iniziazione. Siamo seguiti da donne e bambini che sperano di venderci dei souvenir o rimediare qualche “cadeau”. Quello di cui avrebbero bisogno sono calzoncini e magliette senza buchi...


Comunque anche in questa valle dimenticata, come in tutti i villaggi del Togo, ci sono le scuole. Ecco quella di Koutammakou.



martedì 7 gennaio 2014

Da Accra a Kandé

Partenza per il Togo, dove ci siamo trovati così bene a Natale scorso. Stavolta l'intenzione è di visitare la metà nord del paese, e decidiamo di entrare in Togo all'altezza di Kpalimé, come l'anno scorso, per proseguire se ce la facciamo in giornata fino a Kandé dove abbiamo in programma di fermarci.
Il fiume Volta che dalla diga scorre fino all'oceano
Da Accra ci dirigiamo verso Ho, attraversiamo quindi il ponte sul Volta, poco più a sud della diga di Akosombo, realizzata dalla ditta italiana Impregilo negli anni '60, che racchiude il lago artificiale più grande del mondo per estensione.

La diga di Akosombo
Ho trovato questo simpatico racconto sulla costruzione scritto da Mario Dalmazzo: Akosombo 1962.

Frontiera di uscita dal Ghana
Ed eccoci finalmente alla frontiera: un filo teso tra due alberi con uno straccetto in mezzo perchè sia più visibile, e una capretta sullo sfondo. Mezz'ora in sei per controllare quattro passaporti, le ragazze subito prenotate per il matrimonio...

Entriamo in terra di nessuno, ce lo conferma lo stato della strada, un passaggio dissestato racchiuso da vegetazione rigogliosa. Ci eravamo ripromessi di evitare questa strada, già sperimentata l'anno scorso, ma dopo indagini varie su tutte le mappe e i navigatori disponibili ci siamo resi conto che l'unica alternativa migliore era la strada lungo la costa, che avrebbe allungato troppo il percorso.


Dopo qualche km sobbalzante arriviamo alla frontiera con il Togo, qui volendo c'è anche una barriera, ma la corda è più pratica, non c'è neanche bisogno di alzarsi...


Dopo un po' di battibecchi in frontiera (quest'anno serve anche un "lasciapassare" per la macchina) ci dirigiamo verso Kpalimé, dove l'anno scorso abbiamo fatto delle belle gite in mezzo a cascate e vegetazione tropicale.
Kpalimé
La strada da Kpalimé a Atakpamé è ancora piuttosto dissestata, ci consoliamo pensando che non siamo ancora sulla strada nazionale...

E finalmente raggiungiamo la strada principale, l'unica strada che attraversa il paese dalla capitale Lomé sull'oceano fino al confine nord con il Burkina Faso. Incrociamo pochissime macchine, e tutte stracariche...

Attraversiamo numerosi paeselli con mercatini, chiese e moschee,

E finalmente arriviamo a Kandé, dopo 10 km finali da infarto, al buio perchè era ormai sera e qui le strade non hanno illuminazione, con la strada in costruzione in terra rossa che si allargava e stringeva a piacere, con nubi di polvere dietro ai tanti camion da superare alla cieca, e ciliegina sulla torta, la nebbia!!!
Ma ce l'abbiamo fatta, e abbiamo anche trovato l'auberge La Cloche, unico albergo del paese, che avevamo accuratamente prenotato nel timore di non trovare posto... Naturalmente c'eravamo solo noi...
Questo è il video fatto la mattina dopo:


Ah, dimenticavo, questo è il nostro cenone di Natale, riso, wurstel e uova sode al sugo... tutto buonissimo dopo 12 ore di viaggio, ma soprattutto sotto un cielo stellato spettacolare!
Buon Natale!